Kamikaze ...

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Normalmente ci metto  molto a leggere un libro e anche questa volta non fa di sicuro eccezione, anche se per iniziare ho  tradito uno dei miei autori preferiti, abbandonando il suo scritto a favore di questo che indubbiamente avrà su di me un'ascendente come forse nessun altro prima.
Avevo già accennato in questo mio diario alla decisione di prendere in mano il libro "cult" di un'autore "cult" nell'ambito culinario internazionale e cioè il famosissimo Kitchen Confidential del pluristellato chef americano Anthony Bourdain, resoconto-confessione di una vita sregolata dietro i fornelli dei più famosi ristoranti della Grande Mela.
Non pensavo però che questo cattivo maestro avrebbe  avuto un ottimo ascendente nei miei confronti e specialmente nei confronti di quello che forse è da sempre il mio sogno inconscio e di molti di noi che della cucina e della ricerca gastronomica facciamo una ragione di vita: aprire un proprio ristorante.
Il buon Tony, dopo aver varcato la soglia di centinaia di locali, averne guidato le più o meno capaci brigate, fino ad essersi spinto ad aprirne di propri, usa una buona storiella per rendere conto a tutti coloro che si getterebbero a capofitto in questa avventura, di quelli che sono gli innumerevoli rischi, scavando nella psiche umana per comprendere ciò che risulta ancora incomprensibile e cioè: perchè un uomo sano di mente, di successo nel proprio campoprofessionale, con una sana vita sociale e familiare dovrebbe mai voler cimentarsi nell'arte della ristorazione?
Un riconosciuto, abile e ricco dentista, dopo aver preparato decine di ricercate e ben cucinate cene ai propri amici ed aver ricevuto innumerevoli complimenti culminanti sempre allo stesso modo," ai fornelli sei eccezionale, dovresti aprire un ristorante" , si persuade di aver tra le mani una seconda arte, quella di render felice la gente curando oltre che i denti anche il palato e fa la mossa, apre il proprio locale.
Il proprio EGO, lo accompagna ogni sera, come lui stesso accompagna ai tavoli i sempre presentissimi commensali che forti del loro ruolo di spicco nella decisione del loro amico-collega di spendersi nell'imprenditoria culinaria, affollano la sala ma non altrettanto la cassa, ma di questo il dentista si compiace,in fatti dopo anni di duro lavoro con le mani nelle bocche di chiunque può finalmente sollazzarsi gironzolando ed intrattendendo i propri ospiti.
Ma i clienti diventano sempre meno, sentendosi trascurati da colui che invece di comandare accompagna la cucina verso il disastro e così anche gli amici che varcano la porta si dimezzano , sentendo inequivocabilmente il profumo dell'insuccesso, fino a quando il bravo dottore dopo lunga agonia si deve rassegnare a chiudere di nuovo nel cassetto il suo sogno.




Sociologicamente parlando si potrebbe discutere anche sul ruolo esterno dei conoscenti e amici che spingono il nostro avventuriero in questa esperienza a "vicolo cieco" ma il fulcro di tutto è sicuramente la diffusa idea che, a differenza di altri lavori dove esperienza e attitudine sono caratteristiche riconosciute indispensabili per il successo, il lavoro del ristoratore sia alla portata di tutti coloro che si sentono un po cuochi e un po buongustai, specialmente in un'era come questa dove la tv ci bombarda di programmi incentrati sulla cucina o sulle capacità di gestirne una professionale.
Consiglio quindi a tutti coloro che hanno sentito, almeno una volta nella loro vita, il pericoloso desiderio di aprire un locale , la lettura del sopracitato volume e se poi alla fine delle 298 pagine saranno ancora convinti nel gettarsi come kamikaze su di una portaerei, consiglio almeno l'acquisto della spada Wakizashi, per poter nel caso porre fine silenziosamente alle proprie sofferenze.

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